Il ritorno al dark, cupo, alienante confezionato in Disintegration non trova seguito nel successivo capitolo griffato The Cure. Wish; desiderio di ricambio e cose impossibili, To Wish Impossible Things, porta con sé una serie di questioni interne difficili e fastidiose, il doloroso ma inevitabile licenziamento di Lol Tolhurst in fase di registrazione del precedente costringe Robert Smith a risorgere un’ennesima volta, ricostruirsi moralmente e artisticamente allungando i tempi di lavorazione dedicati alla nuova creatura.

Rifiorire, cercare in qualche modo di percorrere il successo del capolavoro oscuro non rientra nei piani della band che vira decisa verso un sound più alternativo, rock orecchiabile, un discreto rimando al pop già sperimentato, un rilascio che taglia con il recente passato.    La fiducia nei propri mezzi spinge i Cure verso un nuovo risoluto risvolto romantico, sentimentale in carriera, lato misterioso e passionale della vita affrontata con leggerezza e grande respiro.

Ovviamente la pubblicazione è affidata alla Fiction Records, ventuno aprile ’92, dodici attimi trasognati che riducono le sofferenze, cicatrizzanti, una lenta presa che offre speranza e amore trasfigurando l’ascolto, uno sguardo discreto ma incuriosito fin dentro stanze infestate da fantasmi, alla tavola apparecchiata per una seduta di psicanalisi profonda e autentica; la fragilità d’animo nel vissuto del gruppo inglese messa a nudo durante tutta la durata di Wish, giorno dopo giorno, tra grigiori e cadute fino ad arrivare alla meravigliosa fine. End

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