La mattina del 25 novembre ’74 la madre di Nick Drake trova il corpo esanime del figlio lungo e disteso di fronte al letto, un biglietto per una fantomatica ragazza e l’amata chitarra appoggiata in un angolo della camera. Il cantautore folk più romantico e tenebroso del periodo è vittima di overdose voluta o accidentale di antidepressivi, il passo finale che conduce in contro al destino, sorte inevitabile e accellerata dalla rinuncia a vivere, una scelta consapevole ed autonoma, decisione determinata al cospetto dei suoi fallimenti commerciali divenuti pesi insostenibili per un carattere così schivo, quasi antipatico e asociale. Soli 26 anni per questo genio della chitarra acustica, talentuoso al punto da firmare per la Island a soli vent’anni e produrre tre album in breve tempo, pochissime e traumatiche esibizioni dal vivo prima di ritirarsi nella casa di famiglia, in campagna, avvolto dalla natura suo habitat e fonte d’ispirazione dove consumarsi tra pillole e erba fino al tragico epilogo. Artista di grande successo postumo, rivalutato da critici e ascoltatori dopo anni, spesso tributato di citazioni e riconoscimenti Drake ha sicuramente influenzato infiniti musicisti dopo il suo frugale passaggio, famoso oltre che per la bellezza oggettiva delle sue composizioni per le accordature alternative, sperimentali della chitarra.
di Gianluca Crugnola
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