Dromomania è il nuovo album di Cemento Atlantico, in uscita il 21 giugno 2024 per Bronson Recordings; ascolta i singoli Garawek KhaosEl Que Puede Hablar e Danza Negra. Focus track: The Land Of Lions

Il desiderio irrefrenabile di viaggiare senza tregua, a tutti noto come “Wanderlust”, in un contesto clinico assume il termine di “Dromomania”. Azioni e abitudini contemporanee subiscono spesso una catalogazione ritrovandosi associate a sindromi o patologie di calcolo (pseudo)scientifico. La dromomania è davvero tale? Si tratta di una fuga dissociativa o di un sentimento necessario ai fini dell’arricchimento delle proprie esperienze?

Sin dai tempi dei primati, il nomadismo perpetuo non si può accostare al concetto di semplice vagabondaggio, bensì al tentativo vorace di accrescere l’ordine e il sapere individuale e collettivo. Cemento Atlantico – il progetto discografico del producer e DJ romagnolo Alessandro “ToffoloMuzik” Zoffoli, da Cesena – agisce da dromomane per dare un significato più vasto al presente che lo circonda, sovrapponendo il villaggio globale all’antropizzazione moderna, e lo fa pubblicando in CD, vinile e digitale il suo secondo album Dromomania in data 21 giugno 2024, sempre per Bronson Recordings con distribuzione Virgin ITA dopo l’esordio-instant classic di culto Rotte Interrotte del 2021.

Il logo di Cemento Atlantico è costituito dalle iniziali “C” e “A”: «La lettera A indica il primo Oceano che attraversai, l’Atlantico per l’appunto, mentre la lettera “C” – rappresentata tramite una Luna crescente, priva di riferimenti politici o religiosi – simboleggia in tante culture antiche e moderne la rinascita o l’avvento di una nuova era».

Dromomania pensa alla musica come rito collettivo, agisce con una visione internazionale espressa in maniera intima e artigianale. Tutto si basa sul ricalcolo delle tradizioni all’interno di un reticolo di linguaggi analogici e digitali. Ancora una volta i field recording sono il punto di partenza di ogni brano, otto in totale: non si tratta di souvenir sonori ma di sorgenti atte a raccontare una storia. Documenti che cercano di rispettare le culture, condividendo un significato emotivo amplificato e sorretto da battiti concreti.

Eterogeneo eppure compatto nel suo approccio all’elettronica – tra house, future garage e post-dubstep – e alla world music, Dromomania è un album al contempo più cupo e dalla maggiore spinta ritmica rispetto a Rotte Interrotte. Cemento Atlantico racconta: «In Dromomania le linee di basso sono sicuramente più prepotenti. Scrissi Rotte Interrotte in un periodo storico particolare, cioè quello di reclusione per via delle limitazioni della pandemia da Covid-19. Quell’album fu quindi la mia via di fuga, per farmi respirare e convincermi che quell’assurdo momento sarebbe finito, così sfogliavo i ricordi sonori di viaggio e cercavo di riviverli condividendone l’immaginario. Dromomania mi ha riportato sulla strada, la mia esplorazione del mondo è ripresa e non intende trovare altri ostacoli. Si tratta anche di un lavoro più cupo: può sembrare un controsenso vista la libertà riscattata, ma la pandemia mi ha fatto aprire gli occhi su tanti aspetti e, se prima guardavo con commozione e curiosità ai diversi stili di vita dei Paesi visitati, ora percepisco un passo diverso. Credo infatti che la pandemia sia stata l’unica crisi della storia a non avere dato adito a una rivoluzione culturale, anzi ha alimentato ignoranza e conflitti a dismisura. In molte realtà è emerso il lato peggiore dell’umanità, così ho voluto trattare le mie produzioni con un piglio meno “chill”. Come se avessi, forse invano, alzato i volumi su guerre e arroganza dilaganti. Vorrei che la denuncia fosse viva, vorrei attirare l’attenzione facendomi sentire più forte».

Dall’album sono stati già estratti i singoli Garawek Khaos (rappresentativo pezzo d’apertura per la prima tappa in Thailandia, che deve il suo nome a un colpo di stato orchestrato nel 1932: il “people’s party” rovesciò la monarchia assoluta promulgando la prima Costituzione e annunciando l’avvento di un’età dell’oro, ma chi manifesta oggi sostiene che quell’età non sia ancora arrivata), El Que Puede Hablar (un’accelerazione drum’n’bass con canti e flauti che ci riporta alle leggendarie storie di un antico imperatore azteco adorato come una divinità) e Danza Negra (la danza degli indigeni di Monimbó, in Nicaragua, si trasforma in un ordigno electro-dance dalle melodie etno-pop: poesia del suono, maschere misteriose, percussioni tribali e una marimba dal bordo della laguna per combattere e ballare in nome della liberazione)tutti accompagnati dai rispettivi videoclip, alla quale si aggiunge adesso la focus track The Land Of Lions che si muove, scattante e maestosa, proprio come i leoni raffigurati nello stemma della Bulgaria, tra grime ribelle, field recording di sinuosi strumenti ad arco tipici della tradizione balcanica e voci registrate durante prove corali all’interno di una chiesa russa ortodossa. Anche la silhouette della cartina geografica dello Stato ricorda la forma di un leone in corsa, un animale talmente ricorrente nella cultura del Paese da prestare il nome al più imponente ponte di Sofia, il Lion’s Bridge, in onore dei martiri giustiziati per decenni in seguito alle rivolte locali.

Realizzato con una telecamera fissa, il video di Garawek Khaos racconta tramite appunti su bloc-notes la storia del brano e delle evoluzioni socio-politiche che hanno caratterizzato la Thailandia dal 1932 a oggi. Il video di El Que Puede Hablar è stato diretto ed editato dallo stesso Zoffoli, con la partecipazione dell’attrice e ballerina Xhoglina Mustafai. «Ho cercato di rappresentare con una personale chiave di lettura distopica la storia che si cela dietro alla composizione del brano. I protagonisti sono l’imperatore Acolmiztli Nezahualcoyotl, il cui ruolo è interpretato dalla ballerina Xhoglina Mustafai, e il popolo dei suoi sudditi ricoperto da un gruppo di comparse. Nel video, gli abitanti di Texcoco conducono una vita serena, ma un cambio di ritmo improvviso annuncia un nuovo ordine dettato da Acolmiztli Nezahualcoyotl, che si palesa al popolo danzando e inviando una notifica sugli smartphone. Vista l’implacabile sete di potere di Tlatoani, la preoccupazione di tutti nel consultare il testo della notifica è palpabile. Non si preannuncia nulla di pacifico ma la venerazione supera ogni privazione. Tutti i sudditi si fermano, sanno che la parola di Tlatoani è la sola e unica parola di dio. Un nuovo conflitto li attende ma sono disposti a immolarsi, così cominciano a riprendere con le fotocamere il loro imperatore, che sta ordinando di battersi e morire nel nome dell’impero azteco: ricordare con obbedienza le sacre gesta di Tlatoani va oltre ogni sacrificio umano». Nel video di Danza Negra tre persone mascherate, interpretate da Zoffoli, dipingono i dissestati quadri storici del Nicaragua: al centro di tutto, gli indigeni pre-colombiani durante l’epoca coloniale, rabbiosi seppur disarmati, in bilico tra i volti del passato e del presente.

Cemento Atlantico non si avvale di ospiti e tutte le tracce di Dromomania sono state composte, eseguite e prodotte in prima persona, a eccezione di Via Pablo Neruda, dove l’attore Denis Campitelli ha recitato e reinterpretato in dialetto romagnolo la poesia Los Carniceros di Pablo Neruda, una cronaca enciclopedica della storia dell’America Latina tratta dall’opera massima Canto General, mentre Marco “Benny” Pretolani (al clarinetto) e Pepe Medri (all’organetto diatonico) hanno scritto e interpretato il relativo tema acustico. Marco Trinchillo, amico, musicista negli Amycanbe e fotografo da poco scomparso, ha registrato con Zoffoli alcune sessioni di chitarra e rumori di fondo. L’album è stato poi mixato da Andrea Cola allo Stone Bridge Studio di Cesena e masterizzato da Maurizio Baggio (The Soft Moon, Boy Harsher) a La Distilleria di Bassano del Grappa.

In Dromomania il punto di arrivo è la ricostruzione e la condivisione di una mappa sempre più vasta. Sono i paesaggi stessi a dettare i flussi sonori, a tradursi in pensiero. Colpi di stato, riti devozionali, ribellioni, leggende, soprusi e domande si rincorrono ritmo dopo ritmo citando stavolta la storia attraverso le coordinate spazio-temporali di Thailandia, India, Bulgaria, Messico, Andalusia, Romagna, Colombia, Nicaragua – dalla cui foresta proviene la scimmia fotografata in copertina – e Panama.


Credits

Cemento Atlantico è Alessandro “ToffoloMuzik” Zoffoli
Prodotto da Alessandro “Toffolomuzik” Zoffoli
Mixato da Andrea Cola allo Stone Bridge Studio di Cesena
Masterizzato da Maurizio Baggio a La Distilleria di Bassano del Grappa
Artwork: Alessandro “ToffoloMuzik” Zoffoli
Layout: Supernulla Creative Studio

Tutte le tracce sono composte ed eseguite da Alessandro “ToffoloMuzik” Zoffoli
a eccezione di Via Pablo Neruda, composta da Alessandro “ToffoloMuzik” Zoffoli, Denis Campitelli, Marco “Benny” Pretolani, Pepe Medri, Marco Trinchillo


Track by track
(coordinate, descrizione, field recording)

01 – Garawek Khaos

18° 47′ 15.481″ N 98° 59′ 14.856″ E
13° 45′ 35.159” N 100° 29′ 44.296” E

La Thailandia deve il suo nome a un colpo di stato orchestrato nel 1932, prima di tale data il paese si chiamava Regno di Siam (“Terra degli uomini liberi”). Il “people’s party”, un gruppo di ribelli, rovesciò la monarchia assoluta promulgando la prima Costituzione, annunciando così l’avvento di un’età dell’oro. Chi manifesta oggi sostiene che quell’età dal 1932 non sia ancora arrivata. Una famiglia reale e le forze armate al comando di un paese, un vero e proprio sistema entropico: due entità che convivono ai vertici senza stima reciproca, ma che non possono fare a meno l’uno dell’altra.

Field recording:

  • Ho registrato la melodia di khaen da una musicista di strada nei pressi del tempio Wat Phan Tao, nella città di Chiang Mai. Il khaen è uno strumento a fiato a scala pentatonica tipico della tradizione laotiana e thailandese. L’aria viene insufflata in un serbatoio che alimenta quattordici canne di bambù dotate di fori per la diteggiatura. Il suo suono è simile a quello del violino, ma in origine fu creato da una donna che stava cercando di riprodurre il verso degli uccelli Garawek che colmavano i giardini dei reali. La donna volle donare questo strumento al re, egli accolse l’invenzione pronunciando la frase “Tia nee Kaen dae” (“Ora andrà meglio per tutti noi”), ma non fu proprio così.
  • Il tema canoro è frutto di una registrazione concessami durante i festeggiamenti di un matrimonio a Chiang Mai. La donna più anziana dedica un canto di augurio alla giovane coppia, affinché ritrovi la libertà perduta della Regno di Siam che fu.
  • I canti di protesta sono stati registrati ai margini di Khaosan Road, a Bangkok, nel corso di una manifestazione studentesca contro il potere governativo. La voce del popolo contro l’élite corrotta che cerca di vendere come costituzionale un dialogo distopico tra il re e le forze armate

02 – Kashi Fire

25° 18′ 39.1″ N 83° 00′ 50.71″ E
25° 18′ 25.73″ N 83° 00′ 38.29″ E

Varanasi, in India, è una città ricca di contrasti dove vita e morte, gioia e dolore, acqua e fuoco convivono. Dietro vicoli oscuri e sporchi si trovano cataste di cadaveri ricoperti da teli colorati, colmi di fiori e legno di sandalo. Qui le salme aspettano di essere bruciate nel fuoco eterno di Shiva. Nella credenza Indù, per raggiungere il Nirvana e abbandonare il ciclo delle reincarnazioni (Samsara), il cadavere deve essere esumato con il fuoco di Shiva e le ceneri devono essere sparse nel fiume Gange. Per questo motivo, da ogni parte del mondo arrivano persone, per morire a Varanasi. Il Manikarnika è il ghat – scalinata sulle rive del fiume – più antico e sacro del mondo induista, il luogo dove avvengono le cremazioni funebri di fine ciclo. In sanscrito antico, Varanasi porta il nome di Kashi “città della luce” perché qui è conservata la fiamma eterna di Shiva. I Dom, una comunità di circa 500 individui, appartenenti alla casta degli intoccabili, mantengono vivo il fuoco sacro e gestiscono ogni aspetto delle cremazioni: si occupano di acquistare la legna, preparare le pire e si accertano che le fiamme, accese nel fuoco eterno tramite una fascina, consumino interamente i cadaveri.

Field recording:

  • Il coro maschile: “Maha Mrityunjaya Mantra” è stato registrato poco prima della cremazione di un Dom, si tratta di un mantra di conquista del benessere conferito da Shiva. L’intento è quello di creare uno scudo protettivo di vibrazioni divine che allontani le negatività per sempre.
  • Il Gopichang è un monocorda collegato da un bastone di bambù a una cassa di risonanza in legno. Strumento devozionale, tipico dell’ordine dei menestrelli Bāul, è stato registrato lungo i vicoli di Varanasi durante gli allestimenti di una pira crematoria.
  • L’Esraj è uno strumento ad arco di origine bengalese da secoli associato alla cultura devozionale Sikh (casta religiosa e politico-militare del Punjab Indiano). La sua principale funzione è quella di imitare il grido umano con sorprendente precisione. La registrazione è avvenuta durante una preghiera funebre collettiva sulle rive del fiume Gange.
  • Durante la cerimonia serale del Ganga Aarti – rituale dedicato alle sacre acque gel fiume Gange, quindi alla dea Ganga – nel ghat Dashashwamedh a Varanasi, è stato registrato il Daf: un’antica percussione di origine persiana. Lo si può descrivere come un grande tamburo a cornice. La membrana solitamente è costituita da pelle animale mentre il bordo è in legno, all’interno di esso sono inseriti anelli e pendenti metallici che sfiorano la membrana, risuonando a ogni colpo.

03 – El Que Puede Hablar

19° 41′ 33.1″ N 98° 50′ 36.8″ W
17° 03′ 50.1″ N 96° 42′ 42.2″ W

1418-1427, Texcoco, l’attuale Città del Messico. L’imperatore Azteco in carica in quegli anni portava il nome di Acolmiztli Nezahualcoyotl (“Coyote affamato”). Fu uno degli ultimi condottieri dell’epoca precolombiana, noto anche come Tlatoani, che in lingua Nahuatl significa “Colui che può parlare” (in spagnolo, “El que puede Hablar”). Il riconoscimento di “unico oratore” è da attribuire al fatto che Acolmiztli unì le arti della guerra e della politica alla filosofia. Ogni sua legge venne dettata sotto forma di poesia. Pur essendo un monarca sanguinario e famelico di potere, fu venerato dal suo popolo come un nuovo dio in terra. Ancora oggi le sue opere letterarie sono ricordate dai discendenti dei nativi e hanno assunto la valenza di preghiere.

Field recording:

  • I flauti, i frammenti percussivi e i canti sono stati registrati durante un rito devozionale sulla piramide del sole di Teotihuacán, a Città del Messico.
  • La poesia in lingua Nahuatl dal titolo Nitlayocoya, scritta da Acolmiztli Nezahualcoyotl, è stata registrata durante il Dia de Los muertos al cimitero centrale di Oaxaca per onorare la vita, le gesta e la morte di Acolmiztli Nezahualcoyotl.

04 – The Land Of Lions

42° 42′ 17.719″ N 23° 19′ 25.957″ E

Pur essendo molto lontani dall’attuale Africa Subsahariana, pare che un tempo nei Balcani vivessero molti esemplari di Panthera Leo. Nel corso della storia la Bulgaria non ha mai rinunciato ai leoni nel suo stemma, persino il nome della moneta ancora oggi in uso è il Lev, che significa “Leone”. Anche la silhouette della cartina geografica dello Stato ricorda stranamente la forma di un leone in corsa. Un animale simbolico e maestoso, talmente ricorrente nella cultura del Paese da dare il nome al più imponente ponte di Sofia, sulle acque del fiume Vladaya: il Lion’s Bridge. Il ponte fu luogo di esecuzioni per decenni: i più famosi a morire furono quattro librai ribelli impiccati all’indomani della rivolta dell’aprile 1876, a causa del loro tentativo di opporsi ai turchi che terrorizzavano la popolazione. In seguito, il ponte divenne un enorme monumento dominato da quattro statue raffiguranti dei leoni, in onore dei quattro martiri.

Field recording:

  • La Gadulka è uno strumento ad arco tipico della tradizione bulgara, una sorta di Lira dalla struttura primitiva. Ho rapito il suono nei pressi della stazione metropolitana Serdika II di Sofia, grazie a un musicista di strada che eseguiva improvvisazioni di Horo e Kopanitsa, due danze collettive di origine balcanica.
  • Le voci sono state registrate durante una sessione di prove corali all’interno della Tsurkva Sveta Nikolai, la chiesa russa Ortodossa di San Nicola.

05 – Danza Negra

11° 57′ 44.4″ N 86° 05’46.7″ W
11° 55′ 30.5″ N 86°02′ 03.7″ W

Tra le zone più importanti dal punto di vista delle tradizioni in Nicaragua, ci sono la città di Masaya e l’adiacente Laguna de Apoyo: un lago sorto in un cratere vulcanico conosciuto anche come “Bocca dell’inferno”. Proprio questa laguna fu il rifugio degli antichi abitanti dell’attuale Monimbó, il più noto quartiere di Masaya. Qui ebbe origine la prima offensiva per la liberazione del Nicaragua con il Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (F.S.L.N.). Gli indigeni di Monimbó fabbricarono le prime bombe fatte in casa e combatterono con i volti coperti dalle tipiche “maschere a setaccio di Monimbó”. Queste agguerrite proteste sfociarono anche nella musica e nel ballo tramite la “danza negra”: un rituale nato in epoca coloniale, quando le donne indigene disprezzarono gli uomini di Monimbó per prestarsi agli invasori spagnoli durante le feste danzanti. Ciò fece infuriare gli abitanti, che crearono questa singolare coreografia. Una danza eseguita da gruppi di otto uomini, quattro vestiti da donne con tanto di ventagli spagnoli, e quattro vestiti da uomini con il viso dipinto di nero e coperto da maschere di setacci per non essere identificati.

Field recording:

  • I suoni ambientali e le parole introduttive sono state registrate sulle rive della laguna di Apoyo. Il testo recita un passo del poeta Alfonso Cortés, più volte citato dai rivoluzionari del F.S.L.N.. “El sueño es una roca solitaria, en donde el águila del alma anida: soñad, soñad, entre la vida diaria“.
  • La marimba, le percussioni e alcuni fraseggi canori sono stati registrati durante la “danza negra” in occasione della festa di San Jerónimo a Monimbó nelle domeniche di ottobre e novembre.

06 – Via Pablo Neruda

44° 6’ 33.689” N 12° 23’ 6.068” E
10° 25′ 21.022″ N 75° 32′ 21.376″ W

Nessun field recording, solo una storia da raccontare: quella di Gatteo, la città dove vivo in Romagna, Italia, e il suo legame con i Caraibi. Gatteo diede i natali agli Antonelli: una famiglia di architetti militari, a cui si devono le fortezze portuali realizzate per conto degli spagnoli nel Nuovo Mondo, poco dopo l’avvento di Cristoforo Colombo. Le loro opere sono oggi Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Ho visitato diverse di queste Fortezze, in particolare mi sono soffermato sul castello di San Felipe de Barajas a Cartagena de Indias in Colombia. Ho ammirato l’opera, ho pensato al mio Paese e a tutta l’America Latina: com’era, com’è cambiata e come sarebbe stata senza l’avvento degli spagnoli e degli Antonelli. La domanda sorge spontanea “Questa sapienza italiana è davvero un tesoro inestimabile o l’ennesimo sopruso di un mondo che non ci è mai appartenuto?” Al mio quesito tenta di rispondere nel dialetto della mia regione, Pablo Neruda, come se lui stesso fosse un concittadino degli Antonelli e volesse mettere a fuoco i cambiamenti della storia.

Ospiti:

  • Denis Campitelli ha recitato e reinterpretato in dialetto romagnolo la poesia Los Carniceros (“Gli sparvieri”) di Pablo Neruda, tratta dall’opera massima Canto General. Un poema poetico che vuole essere una cronaca enciclopedica di tutta la storia dell’America Latina. Un’opera che analizza la metamorfosi di un continente dal punto di vista dei conquistadores e da quello delle popolazioni indigene invase.
  • Marco “Benny” Pretolani (clarinetto modificato) e Pepe Medri (organetto diatonico) hanno scritto e interpretato il tema acustico del brano.
  • Marco Trinchillo, amico e musicista da poco scomparso, registrò con me alcune sessioni di chitarra e qualche rumore di fondo. Ho voluto inserire il suo talento e la sua memoria in questo strabiliante racconto sonoro.
  • Alessandro Zoffoli (elettroniche e voce introduttiva)

07  – Tablao

37° 22′ 38.586″ N 5° 59′ 10.057″ W
37° 23′ 16.192″ N 5° 59′ 14.226″ W
37° 10′ 55.225″ N 3° 35′ 4.243″ W

Il flamenco è il modo dei gitani, popolo senza storia, di raccontare la loro storia. Il termine deriva dall’unione delle parole arabe “felag” (contadino) e “mengu” (errante, fuggitivo). Le influenze del flamenco sono tra le più innumerevoli a causa del nomadismo geografico di questo popolo, i primi gitani nacquero da una remota regione del Pakistan da cui vennero esiliati in seguito a una serie di conflitti. Dopo tanto errare giunsero in Andalusia, dove trovarono le condizioni più adatte per la propria integrazione, grazie all’impronta multietnica che da sempre caratterizza questa regione. Nel flamenco la musica è poco più che un contorno, la sua vera anima deriva dalla fisicità rumorosa del corpo: mani, piedi e grida. Direi che il flamenco va oltre il concetto di arte e assume le sembianze di una protesta senza destinatario, capace di interpretare il dolore e l’allegria. Il Tablao inizialmente era il nome dato ai cafè che ospitavano le esibizioni di flamenco, in seguito lo stesso nome fu attribuito ai teatri e a oggi può denominare semplicemente una tavolozza di legno riposta a terra e dedita all’esibizione del ballo per dar voce ai “golpes de plata, tacón y punta” (“colpi di tacco e di punta”).

Field recording e ospiti:

  • La chitarra è stata registrata dietro le quinte dello storico locale “la Carboneria” in Calle Céspedes, in pieno Barrio Santa Cruz a Siviglia. Diego Valenzuela, uno dei chitarristi che spesso si esibisce in questo singolare tablao, si è gentilmente prestato a una registrazione alquanto esclusiva, dato che all’interno di questo tempio sacro del flamenco è proibito addirittura l’uso dei telefoni, pena lo stop dell’esibizione e l’espulsione dal locale.
  • La voce appartiene alla cantante Rosalia Munoz ed è stata registrata durante una delle esibizioni che tutte le sere si tengono sotto i porticati di Plaza de España a Siviglia.
  • Le registrazioni dei passi (zapateado y taconeos) e delle nacchere (castanholas) sono avvenute tra Plaza de España e le cuevas del Sacromonte a Granada, vere e proprie grotte che ogni sera ospitano spettacoli di flamenco e di zambra (una forma primordiale e ancor più zingara del moderno flamenco).

08 – Arranque De Bocas

9° 20′ 23.33″ N 82° 14′ 25.757″ W
8° 58′ 24.6″ N 79° 32′ 58.6″ W

“Arranque de Bocas” è una frase che assume diversi significati a seconda delle zone e dei contesti. In alcune aree ispaniche è un modo di dire traducibile con “Urlare a squarciagola”. Nella sua traduzione letterale e geografica, significa “L’inizio di Bocas” dove “Bocas” indica la provincia di Bocas del Toro a Panama. Nello slang giovanile panamense, “Arranque” significa “La grande festa”. Ed è proprio alla grande festa di Bocas del Toro, per celebrare i 110 anni dalla fondazione della provincia, che nacque questo brano. Un enorme raduno tra canti popolari e balli sfrenati eseguiti dalle innumerevole bande giunte da ogni regione di Panama.
Durante questa festa mi sono soffermato sul Tamborito, un genere folkloristico meticcio risalente al XVII secolo che affonda le sue radici nella musica amerinda, spagnola e africana. I testi sono ripetitivi come nelle classiche liriche dell’Africa occidentale e sono accompagnati da ritmi scanditi da piccoli tamburi, tipici delle coste caraibiche.

Field recording:

  • Il tema canoro è stato registrato durante il passaggio di una banda al parque Simon Bolivar di Bocas del toro.
  • Le voci di sottofondo sono state registrate a bordo dei folli autobus noti con il nome di “diablo rojo” (diavolo rosso). Vecchi scuolabus statunitensi con sedili in legno risalenti agli anni 60, rielaborati come auto da corsa, dipinti su commissione da famosi writer panamensi e allestiti con impianti audio rumorosissimi, spesso monopolizzati da venditori ambulanti che salgono e scendono dai bus a ritmo di reggaeton.

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Label: Bronson Recordings | Press: Digipur – press@digipur.it | Booking: Pentagon – info@pentagonbooking.net

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