Un ragazzo di sedici anni e il piacere del tutto particolare di aver assaporato musica nuova seguendo il proprio destino, il proprio giovane istinto, libero da preconcetti e limitazioni imposte da media e addetti ai lavori, una modalità del tutto inedita di fruire e scoprire dischi e canzoni che impone un refresh delle conoscenze in merito a tutta una discografia partendo dal passato, dagli inizi per comprendere la genesi di una rivoluzione.

Quel ragazzo sono io, la sconvolgente rivelazione  Nevermind (1991) e la ricerca a ritroso è breve in realtà, prima della pietra miliare dei primi ’90 i Nirvana avevano edito un solo album Bleach (1989) e qualche singolo promozionale, introvabili al tempo in Italia, quindi è dal debut-album che devo partire per cogliere a fondo l’esplosione di quel fenomeno capace di attirare tanta attenzione, la sommossa che stava cambiando la mia vita e quella di migliaia di giovani, la nascita di un mito socio-culturale.


Back to the 80s


Nirvana sul finire degli anni ’80 sono tre, anzi, al momento due scapestrati, Kurt e Krist, squattrinati di Aberdeen, cittadina di boscaioli definiti da Kurt “omofobi e amanti delle armi” ad un centinaio di chilometri da Seattle, che sperperano i pochi spicci in tasca consumando ingenti quantità di marijuana e cercando ostinatamente di tirar in piedi una vera band dopo i primi esperimenti come Fecal Matter, The Stiff Woodies, etc..

Kurt Cobain e Krist Novoselic decidono di far sul serio e coinvolgendo l’amico Dale Crover (batterista dei Melvins) prenotano i Reciprocal Recording Studios di Seattle per incidere un demo.

Il risultato è plasmato in tre tracce supervisionate dal guru locale Jack Endino, Floyd The Barber, Paper Cuts e Downer, tre brani che sintetizzano il primo vero approccio in studio dei  Nirvana ascoltati durante le sessioni con curiosità ed interesse da Jonathan Poneman braccio destro di Bruce Pavitt, fondatore della neonata etichetta indipendente Sub Pop Records, il quale propone ai tre di incidere un singolo per il loro nuovo prodotto, il Sub Pop Single Club, una sorta di fidelizzazione di consumatori musicali attraverso il lancio di band emergenti sulla scena cittadina, i Nirvana accettano con diffidenza l’offerta e incidono il singolo Love Buzz (cover degli Shocking Blue) esordio discografico per la band di Aberdeen.

Il pezzo riceve buone critiche e discreta attenzione convincendo il gruppo a registrare il primo vero album, la formula non cambia, Reciprocal, Endino e Sub Pop. I lavori di registrazione iniziano con la band che senza fondi si vede costretta a farsi pagare l’affitto dello studio da Jason Everman, i famosi 606,17 dollari per trenta ore. 

Jason è il primo fan della band nonchè chitarrista, anche se sul lavoro che sta nascendo non suona nessuna traccia, per riconoscenza viene inserito nei crediti lo stesso, mentre come batterista poco prima di incidere Love Buzz viene reclutato dopo una jam session Chad Channing.

Il titolo provvisorio scelto per il disco è Too Many Humans che diventa Bleach dopo la visione a San Francisco da parte di Kurt della cartellonistica che invita i tossici a candeggiare gli aghi prima di farsi onde evitare di contrarre l’AIDS.

La Sub Pop pubblica Bleach il quindici giugno ’89 e la copertina che immortala l’opera prima del trio è frutto di uno scatto rubato da Tracy Marander (ragazza di Kurt in quel periodo) durante un live tenuto dai Nirvana ad Olympia. La stampa originale comprende undici tracce, due provenienti dal demo con Dale Crover, anch’esso inserito nei credits.

Quarantadue minuti che scrivono la storia del punk-rock, le angosce, le alienazioni di Kurt travolgono tutto e tutti, i pezzi incisi raffigurano immagini del sottobosco americano, torbidi squarci della superpotenza schiava della pubblicità, questa nuova generazione di punk cerca di emergere dal piattume sociale figlio di Reagan reinventando un sound tutto nuovo, fresco ma malato, una guida per tutto il movimento, la scena dello stato di Washington abbraccia questi suoni isterici, laceranti, ruvidi, Bleach materializza le visioni del suo autore e diventa un mezzo insostituibile per allontanare inquietudini e dolori, guarire ferite e malessere.

Un disco concepito in un garage diventa un classico dopo il successo planetario di Nevermind.

I pezzi raccontano poesia e rumore mettendo in pratica l’equazione poco tempo – tanta energia, Bleach è l’album che più di ogni altro sintetizza il pensiero di una generazione incazzata con il mondo, apatici verso la società consumistica, il seattlesound che sfida l’establishment culturale e protesta per ritrovarsi nei valori primordiali cari al punk-rock.

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